Calabrone cure e rimedi

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calabroneDi Anna Rita Gabrielli e Nicola Murgia

Se hai problemi con imenotteri pungitori

Tossicità degli imenotteri (api, calabroni, vespe)
Gli imenotteri di maggiore interesse medico sono quelli delle famiglie degli apidi (ape e bombo in particolare) e dei vespidi (polistes, vespula e vespa crabro in particolare) perché:
piuttosto numerosi a livello nazionale;
capaci di pungere l’uomo e iniettare il proprio veleno.
Il veleno dei vespidi e degli apidi è principalmente rappresentato da enzimi a base proteica che possono danneggiare i tessuti umani e provocare reazioni allergiche, anche molto severe.
Si riconoscono due tipi di danni legati al veleno degli imenotteri:
danni tossici e irritanti correlati direttamente alla capacità lesiva degli enzimi e di altre sostanze irritanti contenute nel veleno; sono quelli che più frequentemente la maggior parte della popolazione prova durante la propria vita dopo una puntura da parte di un imenottero e possono essere limitati al sito di inoculo e determinare dolore intenso, eritema ed edema nei 2-5 centimetri circostanti la puntura. La Vespa Crabro, inoculando un quantitavo di veleno maggiore, è responsabile generalmente delle reazioni più dolorose. Nel caso di una reazione tossica localizzata, il trattamento è limitato alla accurata disinfezione al sito di inoculo e all’applicazione di ghiaccio, molto raramente è richiesto l’intervento medico. Questo tipo di danni può rappresentare un problema serio quando la quantità di veleno iniettato è abbondante, ad esempio in seguito a decine di punture. Questa situazione può portare ad una reazione tossica talmente grave da essere non distinguibile da reazioni allergiche severe e richiede sempre l’intervento dei sanitari dei servizi di emergenza (118). Se la zona di inoculo non è sottoposta ad una attenta disinfezione, la cute e il sottocutaneo possono andare incontro ad infezione della zona di inoculo; questa possibile complicazione richiede spesso l’uso di terapia antibiotica topica e sistemica.
danni correlati ad una allergia al veleno di imenotteri. Una quota minoritaria della popolazione può risultare allergica al veleno di imenotteri (apidi, vespidi o entrambi) e quindi produrre delle IgE, le immunoglobuline specifiche dell’allergia, verso tale veleno.
Questo può innescare una reazione allergica, anche dopo una singola puntura, che può manifestarsi in due modi:
attraverso la produzione di una reazione locale estesa, caratterizzata da eritema ed edema nel sito di inculo di dimensioni inusuali, generalmente superiore ai 10 centimetri, non associato a sintomatologia sistemica, cioè sintomi distanti dal punto di inoculo;
attraverso la produzione di una reazione generalizzata, caratterizzata dalla comparsa di sintomi distanti dal sito di inoculo. Questi sintomi possono essere solo cutanei con prurito diffuso a tutto il corpo o comunque a distanza dal punto di inoculo, eritema ed edema diffusi, ma anche sistemici con dolori addominali crampiformi, rinite, congiuntivite, asma, difficoltà respiratorie e disfonia (che suggeriscono la presenza di un edema della glottide), fino alla comparsa di shock anafilattico caratterizzato da sensazione di venire meno e improvviso calo della pressione arteriosa. Lo shock anafilattico e l’edema della glottide sono reazioni potenzialmente mortali, che richiedono un intervento immediato. Questo tipo di reazione si realizza generalmente entro pochi/e minuti/ore dal momento della puntura, ma sono descritte delle reazioni allergiche tardive anche a distanza di giorni dal momento della puntura.

Che fare in caso di reazione allergica?

Nel caso di una reazione locale estesa si applicano gli stessi principi del trattamento delle reazioni tossiche (disinfezione e ghiaccio), in alcuni casi per rendere più rapido il recupero può essere utile applicare dei farmaci antistaminici o steroidei topici o assumere terapia antistaminica per bocca, in base alle indicazione del proprio medico di medicina generale che andrà informato. Questo tipo di reazioni (locali estese), hanno una bassa probabilità di evolvere verso una reazione generalizzata e pertanto non necessitano di ulteriori accertamenti diagnostici.

Le reazioni allergiche generalizzate rappresentano un’urgenza/emergenza ed è opportuno attivare immediatamente il sistema di emergenza territoriale (118), in particolare se dovessero comparire sintomi suggestivi di shock anafilattico e/o edema della glottide. Il trattamento può andare dalla terapia antistaminica e cortisonica per os nei casi più lievi, fino alla somministrazione di adrenalina per via intramuscolare o endovenosa nei casi più gravi, quando si manifestano i segni di edema della glottide e shock anafilattico. Ai soggetti che hanno già presentato una reazione generalizzata severa al veleno di imenotteri, viene prescritta una terapia nel caso la reazione si ripresentasse in occasione di una nuova puntura. Questa terapia è incentrata sull’adrenalina auto iniettabile che da alcuni anni, rappresentando un farmaco salvavita, viene erogata gratuitamente dalle farmacie ospedaliere regionali, dietro prescrizione medica di un centro allergologico specializzato. Tale formulazione dell’adrenalina (adrenalina auto-iniettabile) può essere agevolmente auto-iniettata dallo stesso soggetto allergico al primo comparire dei sintomi suggestivi di shock anafilattico o edema della glottide.

Esiste una prevenzione delle reazioni allergiche a veleno di imenotteri?

Oltre a misure generali di prevenzione, mirate a ridurre la possibilità di incontrare imenotteri (evitare vestiario dai colori sgargianti, evitare profumi particolarmente intensi, evitare lavori o hobby a rischio, come l’apicoltura), la misura più efficace per prevenire reazioni allergiche gravi da puntura di imenotteri è rappresentata dall’immunoterapia specifica iposensibilizzante, volgarmente detta vaccino. L’immunoterapia iposensibilizzante è indicata in coloro che hanno già avuto una reazione allergica grave caratterizzata da shock anafilattico, edema della glottide o in coloro che hanno avuto una reazione generalizzata cutanea ma che a giudizio dello specialista allergologo possono essere comunque classificati ad alto rischio di reazione grave. Prima di iniziare l’immunoterapia specifica iposensibilizzante il soggetto deve sottoporsi in ambiente specialistico a prove allergometriche (RAST per imenotteri e test cutanei per imenotteri) per stabilire quale sia stato con esattezza l’imenottero responsabile della reazione. Successivamente il soggetto che ha presentato la reazione verrà sottoposto all’immunoterapia, che consiste nel somministrare a dosi crescenti e controllate un estratto del veleno responsabile della reazione, in maniera da indurre tolleranza verso quell’allergene. La terapia, dopo un periodo iniziale di induzione in cui le dosi sono molto ravvicinate, viene somministrata una volta al mese per una durata totale di 5 anni. L’efficacia nell’evitare reazioni allergiche severe del vaccino per imenotteri è pari al 85%-95%.
Dato il rischio intrinseco correlato a questo tipo di terapia, l’attività diagnostica e la somministrazione dell’immunoterapia specifica sono limitate a pochissimi centri allergologici su tutto il territorio regionale. Nel territorio della ASL1 dell’Umbria è attivo da molti anni, presso la S.C. di Medicina del Lavoro dell’Azienda Ospedaliera di Perugia (tel 0755784444), l’unico ambulatorio dedicato alla diagnosi e alla prevenzione, tramite immunoterapia specifica, dell’allergia a veleno di imenotteri.
Presso questo ambulatorio i pazienti affetti da allergia al veleno di imenotteri vengono anche educati sull’uso della terapia di emergenza.

Bibliografia essenziale

  • Biló BM, Rueff F, Mosbech H, Bonifazi F, Oude-Elberink JN; EAACI Interest Group on Insect Venom Hypersensitivity. Diagnosis of Hymenoptera venom allergy. Allergy. 2005 Nov;60(11):1339-49
  • Bonifazi F, Jutel M, Biló BM, Birnbaum J, Muller U; EAACI Interest Group on Insect Venom Hypersensitivity. Prevention and treatment of hymenoptera venom allergy: guidelines for clinical practice. Allergy. 2005 Dec;60(12):1459-70
  • Casale TB, Burks AW. Clinical practice. Hymenoptera-sting hypersensitivity. N Engl J Med. 2014 Apr 10;370(15):1432-9.

Calabrone prevenzione e controllo

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calabronedi Davide Di Domenico

Se hai problemi con i Calabroni (Vespa crabro)

Talvolta, nei mesi più caldi, si può verificare la formazione di nidi di calabroni all’interno delle nostre abitazioni o in generale nei fori sugli alberi, nei comignoli, nelle soffitte e anche nei cassonetti delle tapparelle. Un nido di calabroni è una costruzione fatta con un materiale simile alla carta, ottenuto dalla masticazione del legno impastato con la saliva. Spesso si tratta di costruzioni spettacolari, di decine di cm di diametro, costituite da una serie di favi impilati ed orientati verso il basso, disposti in costruzioni multipiano protette da un involucro a guscio.

Calabroni sul tetto

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Cosa Fare
La sicurezza prima di tutto. Non avventurarsi sul tetto o sopra delle scale senza aver preso tutte le precauzioni per se stessi, ma anche nei confronti di altri eventuali passanti. I calabroni, se provocati, possono diventare aggressivi e pungere ripetutamente creando situazioni di panico nelle persone colpite. La cosa migliore è chiedere consiglio ad un professionista e preoccuparsi di verificare che anche esso operi in assoluta sicurezza, proteggendosi con indumenti adeguati ed indossando i dispositivi anti caduta. E’ meglio affrontare la cosa a mente fredda, avvicinando il nido attraverso l’impiego di una piattaforma elevatrice che, oltre ad offrire un punto d’appoggio stabile, è manovrabile anche da terra. Il trattamento di disinfestazione va eseguito al mattino presto, quando l’attività dei calabroni è minima e la temperatura ancora fresca, irrorando il nido con un prodotto insetticida specifico, avendo cura di dirigere il getto verso il foro di uscita, penetrando il più possibile al suo interno. Questo riduce molto le possibilità di reazione dei calabroni.
Una volta terminata la disinfestazione, se possibile rimuovere completamente il nido ed applicare delle protezioni (rete, cemento o altro) per evitare che altri calabroni possano entrare nella cavità per fare un altro nido.

Calabroni sull’albero

Cosa Fare
Un luogo di nidificazione molto gradito ai calabroni sono le cavità degli alberi, in corrispondenza di rami con cavità all’interno.
Anche in questo caso le strategie da adottare e le precauzioni da prendere sono quelle viste sopra, tenendo conto che negli alberi spesso vi sono più punti di passaggio ed una minore visibilità.

Calabroni ed alveari

Sono alcuni anni che osservo con interesse i calabroni ed in particolare il loro rapporto con le api, di cui sono accaniti predatori.
Un nido di calabroni in prossimità di un alveare può diventare un serio problema sia per la famiglia d’api sia per il loro apicoltore. Infatti, un calabrone può catturare fino a 30/40 api al giorno.
I calabroni in genere aspettano le api di fronte all’arnia, nella traiettoria di ritorno all’alveare, per catturarle nel momento in cui sono più stanche e con le borse melarie piene del nettare raccolto dai fiori.

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Prevenire lo sviluppo dei calabroni nelle aree sensibili

Per cercare di contenere l’azione predatoria dei calabroni si possono utilizzare delle trappole ad imbuto, ottenibili ritagliando il collo di una bottiglia di plastica e capovolgendolo all’interno della parte cilindrica facendolo diventare un imbuto.
Generalmente per attrarre i calabroni all’interno della trappola si usa una soluzione zuccherina, oppure birra o aceto di mele.
Le trappole così preparate vanno appese agli alberi sin dalla primavera, ad un’altezza di circa 2 metri da terra, cercando di ottimizzare man mano la loro posizione e la composizione dell’esca.

Non uccidere i Calabroni se non costituiscono una reale minaccia

I calabroni sono da considerarsi insetti utili per la loro attività predatoria, quindi i loro nidi vanno eliminati solo se ubicati in luoghi sensibili, vicino a sentieri, passaggi o quando costituiscono un reale pericolo per le persone. In alcuni casi può essere sufficiente segnalare la presenza del nido con cartelli e nastro da cantiere onde evitare a persone ignare di avvicinarsi troppo.

Calabrone

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Il calabrone o Vespa crabro

di Davide Di Domenico

Vita da calabrone

Il calabrone (Vespa crabro) è certamente una delle specie animali più temute e perseguitate del nostro paese. In realtà la sua fama è largamente immeritata e, nonostante le dimensioni e il ronzio inquietante, si tratta di un insetto del tutto pacifico che interferisce molto raramente con l’uomo. Infatti non viene attratto dai cibi, e non infastidisce quando si mangia all’aperto o nei luoghi ove si trattano alimenti (industrie alimentari, negozi, mercati); inoltre non entra quasi mai nei locali abitati, eccetto talvolta in primavera, quando le regine sono in cerca di un luogo adatto alla costruzione del nido. Essendo instancabili predatori, da adulti si cibano di alimenti zuccherini (nettare, linfa, frutti maturi, ecc.) mentre alimentano le regina e le larve solo con prede vive, i Calabroni possono essere considerati utili per la gran quantità di insetti molesti che eliminano, in particolare catturano, mosche, bruchi, cavallette, altre vespe ed api.
Le comunità dei calabroni sono sempre annuali; in primavera la regina fecondata, dopo avere superato l’inverno in un luogo riparato (di solito un tronco marcescente), fonda la nuova colonia, costruendo alcune cellette in un luogo sicuro e difficile da individuare. Inizia così a deporre le uova accudendole personalmente fino a ché non nasceranno le prime operaie. Inizialmente il nido si presenta come una semisfera concava all’interno della quale si affacciano alcune cellette con le larve in sviluppo. Il materiale per costruire il nido viene ottenuto bagnando di saliva alcune schegge di legno morto, fino ad ottenere una pasta modellabile, che, una volta indurita, avrà aspetto cartaceo. Dopo la nascita delle vespe operaie (tutte femmine sterili), la regina si occuperà della sola deposizione delle uova, andando di cella in cella a controllare che le larve siano tutte sue figlie, mentre le operaie svolgono tutti gli altri lavori: nutrizione, toelettatura, ricerca del cibo, difesa, manutenzione, ecc. Col procedere della stagione calda, lo sviluppo della colonia diverrà sempre più rapido, aumentando il numero di operaie che partecipano alla sua costruzione, raggiungendo la massima espansione nella tarda estate (periodo in cui nel nido vi possono essere oltre 500 individui). A questo punto la regina cessa di deporre le uova per lasciare alla sua ultima covata lo spazio necessario per crescere: questa è composta dalle larve aploidi, nate da uova non fecondate, che daranno origine ai maschi. La regina, ormai vecchia, non è più in grado di secernere l’ormone che rende sterili le sue operaie, e di conseguenza queste cominciano a dare origine a nuove regine. Le vespe regine ed i maschi si mescoleranno con quelli di altri nidi ed avverrà l’accoppiamento. I maschi morranno e le regine fecondate andranno a svernare in ibernazione nei tronchi marci o sotto terra, riattivandosi la primavera successiva per continuare l’evoluzione della specie.
Alla fine di ottobre la vecchia colonia ha terminato il suo ciclo, e la regina muore, seguita da tutte le sue operaie e del nido non resterà che l’involucro cartaceo e le cellette abbandonate, soggette al saccheggio di formiche ed altri insetti, che lo utilizzeranno come rifugio invernale.
I calabroni vivono di preferenza nei boschi di latifoglie a bassa e media quota, ma si adattano bene anche alle zone di campagna e suburbane purché con buona presenza di aree alberate e semi naturali. Preferiscono nidificare nel cavo di grandi tronchi, ma spesso si adattano a cavità artificiali (cassonetti delle tapparelle, intercapedini dei muri, camini, granai, cassette nido per uccelli), creando non poca preoccupazione fra gli abitanti. I vecchi nidi non vengono mai riutilizzati ma spesso la stessa cavità viene usata per più anni consecutivi, con nidi addossati gli uni sugli altri.
I calabroni, come tutte le vespe e le api, sono pericolosi solo se ci si avvicina troppo al nido ossia quando sentono minacciata la colonia; in questo caso diventano aggressivi e vi è il rischio di essere attaccati e punti da numerosi individui contemporaneamente. Lontano dal nido pungono in pratica solo se afferrati o schiacciati, altrimenti si allontanano senza reagire.

Curiosità

I calabroni non si possono ammazzare?

In alcune realtà territoriali, tra cui la Germania, i calabroni sono stati riconosciuti come specie protetta allo scopo di tutelare il loro ruolo nell’ecosistema. Al fine di proteggere questo utile insetto e limitare la nidificazione in luoghi non appropriati o problematici vengono posizionare apposite cassette nido in luoghi scelti, ove non costituiscono alcun fastidio o pericolo. Tale metodo viene da anni utilizzato in Germania (ove il calabrone è specie protetta), da parte di enti pubblici e privati cittadini.

I bombi non sono calabroni?

bombo

Con il termine calabrone vengono spesso erroneamente identificati anche l’ape legnaiuola (Xylocopa violacea) ed il bombo terrestre (Bombus terrestris). Bisogna pertanto precisare che questi imenotteri sono invece molto meno aggressivi e che, come le api, raccolgono il nettare ed il polline per nutrire i loro piccoli. I bombi sono tra gli insetti impollinatori più importanti ed utili per l’uomo, utilizzati in agricoltura soprattutto per l’impollinazione dei pomodori.

Il Calabrone asiatico

Originaria del sud-est asiatico, la Vespa velutina nigrithorax (il calabrone asiatico) è stata segnalata in Europa nel 2004, nella zona meridionale della Francia ed oggi la si ritrova anche in Liguria e Piemonte. La rapidità di espansione è dovuta al trasporto passivo delle nuove regine, allevate dalle colonie a fine stagione, che si rifugiano in materiali di varia tipologia per trascorrere il periodo invernale.
La pericolosità della Vespa velutina, che per gli uomini può essere paragonata a quella delle altre vespe europee, riguarda soprattutto le api, con le quali nutrono le loro larve. Infatti le api europee, non avendo mai avuto contatti con questo predatore, sono totalmente vulnerabili ai suoi attacchi, tanto da minare seriamente l’esistenza delle comunità apiarie (in Asia le api hanno invece evoluto efficaci comportamenti di difesa).

Le Ofridi calabrone

Si tratta di un genere di orchidea che realizza fedeli imitazioni di insetti. L’Ofride calabrone modella il labello del fiore dandogli la forma, il colore, e anche la superficie lanuginosa del corpo del calabrone, distillando anche un profumo identico a quello che emette la femmina di questa specie. La somiglianza è tale che il calabrone maschio tenta invano di accoppiarsi con questa illusione, e così facendo si ricopre dei pollini della pianta che trasporterà su un’altra orchidea.
In questo caso, una vana copulazione produce effettivamente una fecondazione efficace, non dell’insetto, ma bensì del fiore.

Mai schiacciare un calabrone

E’ utile sapere che schiacciare i calabroni determina il rilascio di un segnale chimico che stimola l’aggressività degli altri membri della colonia. Questo vale soprattutto quando si è all’aperto.