di Aldo Ranfa
Cosa fare in caso di ingestione
L’ingestione accidentale dei frutti immaturi o d’altre parti della pianta provoca vomito, forti dolori addominali, paralisi delle terminazioni nervose quindi soffocamento e morte. I casi d’avvelenamento sono causati, per la maggior parte, dalla confusione nel riconoscimento dei frutti con quelli di altre specie della stessa famiglia come il Finocchio comune (Foeniculum vulgare Miller), l’Anice vero (Pimpinella anisum L.) e il Cumino (Cuminum cyminum L.) e per le foglie simili a quelle del Prezzemolo comune (Petroselinum sativum Hoffm.) ed il Cerfoglio comune [Anthriscus cerefolium (L.) Hoffm.].
Rivolgersi immediatamente dal medico e, in casi particolarmente gravi, è bene contattare un Centro Antiveleni.
Caratteristiche di tossicità
I composti tossici presenti sono glucosidi flavonoici e alcaloidi di tipo piperidinico, tra i quali la coniina, concentrati su tutta la pianta e maggiormente nei frutti immaturi.
LIVELLO DI TOSSICITA': MEDIO
Parte tossica della pianta: Pianta intera
Periodo di tossicità: Da marzo ad settembre
I casi più frequenti
I bambini attratti dal gradevole odore dei fiori possono metterli in bocca. L’ingestione accidentale, anche di piccole dosi, causa forti dolori addominali, vomito e diarrea. Se le dosi sono maggiori si ha rallentamento dei battiti cardiaci e aritmie per l’influenza sul muscolo del cuore.
Cosa fare
Rivolgersi immediatamente al più vicino Pronto Soccorso
di Aldo Ranfa
Come prevenire le intossicazioni
Non mettere in bocca frutti o altre parti di piante spontanee che non siano di uso comune.
Infestazione nei nostri orti
L’approccio tipico che maggiormente si manifesta nel contatto con le specie vegetali spontanee e coltivate spesso si riduce a considerare le cromie, il portamento della pianta e la forma dei fiori e dei frutti. Si tratta di un approccio morfologico-sensoriale, ma di esse va anche valutato l’approccio fisiologico. La pianta è considerata ormai un laboratorio biochimico che continuamente produce metaboliti secondari utilizzati per interazioni varie con l’ambiente circostante. Tali metaboliti secondari di vario tipo hanno la capacità d’essere più o meno tossici per l’uomo in particolari momenti. Alcune di queste sostanze continuamente vengono di nuovo trasformate ed elaborate dalla pianta, altre sono accumulate negli organi di riserva della pianta stessa per essere poi messe a profitto in particolari situazioni fisiologiche. La produzione d’alcaloidi, per esempio, utile per la pianta durante la fase germinativa dei semi o nel momento di sviluppo degli apici vegetativi, si individua nei diversi organi della pianta ma, la concentrazione, viene influenzata da numerosi fattori come l’età della pianta, la stagione ed il periodo vegetativo. Molte delle piante velenose e/o tossiche sono comuni e spontanee in natura, lungo i margini delle strade, nei prati, nei boschi mentre, quelle coltivate si trovano nelle aree verdi urbane, pubbliche e private. Così nei parchi, nei giardini, nei parcheggi, nelle aree di sosta, lungo le strade queste piante, anche se ad una prima sbirciata riescono a suscitare un certo interesse per i colori vivaci o per la regolarità delle forme, possono nascondere insidie e inganni specialmente per i bambini che facilmente raccolgono ed ingeriscono frutti o foglie.
Monitoraggio
In Italia, data l’eterogeneità del territorio e relativa ricchezza in termini di biodiversità vegetale, esistono numerose specie vegetali spontanee tossiche e/o velenose ed anche quelle coltivate per ornamento sono consistenti. Mentre per quelle spontanee l’unica cosa da fare, in termini di prevenzione, resta quella di documentarsi sulla pericolosità o meno dell’intera pianta o delle varie parti di essa, per quelle coltivate va sottolineato che in Italia non esistono norme legislative per regolare la vendita di piante ornamentali. Per tale motivo l’uomo è scarsamente tutelato dai rischi di una esposizione accidentale con specie tossiche e/o velenose. In attesa di normative più precise cosa resta da fare:
Per le piante spontanee l’unica cosa da fare è quella di documentarsi sull’identità delle specie rinvenute e nel dubbio rivolgersi ad un esperto. E’ valida sempre la regola di utilizzare le piante o parti di essa solamente se è stata identificata con precisione.
Per le specie coltivate bisogna assicurarsi che sia presente il cartellino con l’identificazione precisa sulla pianta.
Per entrambi i gruppi di piante è valida la norma di educare i bambini a non mettere in bocca foglie o fiori o frutti di piante che non siano di uso comune.
Conium maculatum
di Aldo Ranfa
Vita da Cicuta maggiore
Morfologia
Specie erbacea perenne, alta fino a 1,70 m, che emana uno sgradevole odore di topi. L’apparato sotterraneo è composta di una radice biancastra con striature orizzontali. Il fusto è eretto, cilindrico, molto ramoso, nella parte basale arrossato-scuro e più in alto con chiazze rosse tendente al violetto. Le foglie basali hanno una guaina a forma d’uovo, con chiazze rosso-striate, mentre la lamina è 3-4 volte pennata con i segmenti a forma di lancia e profondamente dentati. I fiori, ermafroditi, regolari, con 5 petali di colore bianco, sono portati da infiorescenze ad ombrella composta, infiorescenza tipica di questa famiglia. L’ombrella è formata da 15-17 raggi alla cui base è presente un involucro di 2-3 brattee bordate di bianco. All’apice dei raggi si diparte l’ombrelletta che è costituita alla base dall’involucretto con numerose brattee. Nel fiore la parte riproduttiva maschile è formata da 5 stami, mentre quella femminile è costituita da un ovario infero. Il frutto è un diachenio, vale a dire due frutti secchi (acheni), che non si aprono a maturità, uniti lungo l’asse centrale, che in sezione trasversale si presentano isodiametrici. Il frutto è percorso nella faccia dorsale da canali resiniferi chiamati vitte. Fiorisce da giugno a settembre.
Ecologia e distribuzione
La Cicuta maggiore è spontanea nel territorio nazionale, da 0 a 1.500 m s.l.m. ed è comunemente considerata infestante. I suoi ambienti di sviluppo sono le zone ruderali, le siepi, le aie delle case rurali e gli orti ma si apprezza la sua presenza anche nelle zone limitrofe ai corsi d’acqua.
NB: Altre specie della stessa famiglia, spontanee in Italia centrale, possono risultare tossiche se ingerite qualche loro parte come il Cerfoglio selvatico (Chaerophyllum hirsutum L.)
Curiosità
Il nome del genere deriva dal termine greco “khòneion=cicuta”, a sua volta derivato da “kȏna=resina” ma, alcuni autori, sostengono che derivi da “kónis=polvere”, per il fatto che la radice polverizzata veniva impiegata come veleno. Socrate, nel 399 a.C., venne ucciso con un preparato a base di Cicuta che fu costretto a bere. Nell’antichità la Cicuta veniva usata per eseguire condanne a morte.
Usi popolari e rimedi
Data l’alta pericolosità della pianta, oggi non trova impieghi anche se, nell’antichità veniva utilizzata per se sue proprietà calmanti, antinevralgiche, antiepilettiche ed antidolorifiche
Bibliografia
- Bulgarelli G., Flamigni S., 2014 – Le piante tossiche e velenose. Hoepli Editore, Milano.
- Leporatti M.L., Posocco E., 1996 – Piante pericolose. Japadre Editore. L’Aquila
- Ranfa, A., 2014 – Piante amiche e nemiche dell’uomo. 2a Edizione. Ali&no Editrice, Città di Castello, Perugia.
- Stary F., Berger Z., 1987 – Piante velenose. Istituto Geografico De Agostini, Novara
- Woodward L., 1985 – Piante velenose. Priuli & Verlucca Editori.
Sitografia